Se per te la letteratura è uno strumento d’acquietamento delle passioni, un passa tempo o un lenimento, non leggere “Ombrello” di Will Self; se è un gioco e uno strumento di conoscenza e di piacere, fallo. Ma, mi dirai, “Conoscenza, di che?” Di tutto ciò che la filosofia e la tecnica non sanno immaginare, di quello che non possono macchinare, ti rispondo. E continuo parlando di una letteratura non ancella ma sovrana: di una letteratura come pensiero forte ed attivo anche quando costruisce mondi persi e perdenti:: d'un pensiero che sfugge i discorsi che si auto-alimentano in isolate camere oscure. Di una letteratura che, sotto la spinta del motore della storia, avanza anche quando si ritira.


« Ombrello » di Will Self protegge dalla grandine del conformismo e dalla pioggia delle banalità che infradiciano librerie, biblioteche e case colte. Una storia contorta, oscura, profonda come tutte le storie che l'industria scribacchina non ha precotte per consumatori sdentati. Un racconto fatto di storie che s'infiltrano nella Storia del ventesimo secolo dove le trincee della prima guerra mondiale e i corridoi di un manicomio londinese incanalano umani e disumani verso una certa morte.


Impossibile programmare il GPS. Inutile mostrare le strade che attraversano il romanzo. Si entra, si cammina, si va a gattoni, si corre, ci si ferma, si passeggia, ci si perde, si striscia, si salta ((ad occhi aperti o chiusi, poco importa. Ma. Orecchie ed immaginazione aperte.))


Che in una stessa frase possano cambiare le epoche e i personaggi, non rende la lettura difficile, come dicono certuni: la rende realtà senza la faciloneria del realismo.


Dopo Joyce il diluvio? No. Malgrado i numerosi velleitari Fetonti, il carro del sole è ritornato e Will Self ne è un auriga.